I love sushi: una grande storia d’amore | Nuova mostra a Roma

Giappone a Roma: con settembre, ritornano anche gli eventi dedicati al Giappone a Roma e in Italia, e c’è forse un modo migliore di ricominciare l’anno e le attività di tutti giorni se non stimolando l’appetito?

L’Istituto Giapponese di Cultura inaugura oggi infatti una mostra speciale, che vi permetterà un’immersione totale nel mondo di uno dei piatti tradizionali giapponesi più amati e conosciuti al mondo.

Tutto quello che avreste voluto sapere sul sushi, e anche di più. Origini, varianti locali, riproduzioni a grandezza naturale, chef virtuali, ukiyoe. Una storia lunga oltre mille anni, insospettabilmente variegata e piena di svolte legate a costume e società. 


La mostra I LOVE SUSHI. Una grande storia d’amore, presso l’Istituto Giapponese di Cultura.

Nel 2013, l’UNESCO ha inserito il washoku —la cucina giapponese— nella lista dei patrimoni mondiali intangibili, e il sushi ne incarna l’archetipo. Raffinato, salutare, esteticamente ineccepibile e squisito, il sushi è un piatto ormai familiare alle tavole di tutto il mondo.

Nigiri-zushi, il formato di sushi più conosciuto al mondo, che si affermò circa duecento anni fa a Edo, l’antica Tokyo. © Foto Istituto Giapponese di Cultura

Originario dell’Asia sudorientale/Cina meridionale, il sushi è giunto in Giappone circa mille anni fa, e da allora è mutato radicalmente, grazie all’abbondanza delle risorse naturali locali, all’applicazione di conoscenze e idee nuove, e all’inesauribile prerogativa del popolo giapponese di sperimentare senza tema sempre nuovi cibi.

Il sushi oggi ha varcato i confini nazionali ed è apprezzato ovunque. Eppure, a dispetto della sua diffusione, se ne conoscono solo alcune varianti e caratteristiche. È questa dunque la mission della mostra, costituire un’approfondita guida visuale al grande fascino del sushi, fornendo l’opportunità di capire l’evoluzione che in Giappone ha portato alla forma attuale, e come il paese lo abbia modificato per assecondare e accogliere fattori ambientali, naturali, culturali, sociali delle varie realtà locali. I LOVE SUSHI ha anche in animo di riflettere e far riflettere sulla cultura contemporanea del cibo e sulle prospettive future del sushi alla luce dei temi food di attualità. La mostra, pensata per palati di ogni finezza, include anche l’esperienza virtuale di un autentico sushi-shop nipponico.

(Dal sito: www.jfroma.it)


La mostra I LOVE SUSHI è pensata come un percorso sensoriale attraverso la storia di uno dei piatti più iconici del Giappone e tra riproduzioni, stampe e video, si articola in tre sezioni:

I. Introduzione al sushi 

Oggi si pensa al sushi come a un piatto tipico giapponese, ma in realtà le sue radici affondano altrove. Alcuni studiosi ipotizzano le pianure dell’Asia sudorientale o della Cina meridionale, ma sono ancora molti gli aspetti sconosciuti. Sappiamo che il sushi è già menzionato in un antico documento prodotto in Giappone nell’VIII secolo, che ha origini continentali e che è arrivato in Giappone mille anni fa.

© Foto Istituto Giapponese di Cultura

Anticamente era preparato facendo marinare per mesi pesce salato e riso cotto in una tinozza di legno. Il sushi fermentato è detto oggi narezushi.

Nel narezushi veniva consumato solo il pesce, mentre il riso, usato unicamente come agente di fermentazione, veniva gettato via prima del consumo. Fu durante il XV secolo che si iniziò ad accompagnare il pesce al riso: l’esigenza di avere un prodotto pronto al consumo condusse alla consuetudine di condire direttamente il pesce con l’aceto in luogo di una lunga marinatura o fermentazione. Tale innovazione permise l’utilizzo di una grande varietà di pesci e dunque la preparazione di tanti tipi di sushi. Il nigirizushi si diffuse a Edo, attuale Tokyo, negli anni 1820–30; e da allora è sinonimo di sushi nell’immaginario mondiale. I primi esemplari erano poco costosi e ciascun pezzo era circa tre volte più grande degli attuali. Il pesce non era crudo, era piuttosto conservato in vari modi, bollito, marinato in aceto o salsa di soia. Era una pietanza abbordabile di prezzo e dunque conobbe immediata popolarità in primis a Edo, propagandosi poi all’intero territorio. L’uso del pesce fresco per il nigirizushi, e le attuali dimensioni/peso unitario standard di 15–20 grammi sono diventate uno standard solo dopo la seconda guerra mondiale.

II. Il sushi nel periodo Edo 

Il sushi ha attraversato le maggiori trasformazioni durante il lungo periodo Edo (1603–1867). La più rilevante è stata senz’altro l’abbandono del lungo processo di preparazione, a favore dell’agile uso dell’aceto per conferire il gusto aspro tipico del processo di fermentazione. Diretta conseguenza fu la nascita di vari tipi di sushi, come lo Edo-mae nigiri-zushi.

© Foto Istituto Giapponese di Cultura

All’inizio del periodo Edo il sushi era ancora un piatto fermentato, prodotto con metodi tradizionali. Molti signori feudali lo includevano tra le regalie da offrire allo shogunato di Edo, e per questo prediligevano le prelibatezze locali fermentate. Il lungo viaggio per raggiungere la capitale diveniva così parte dei tempi del processo. I tributi da parte di ciascun clan vennero standardizzati e sistematizzati, causando la cristallizzazione dei processi annuali di preparazione del narezushi fino alla fine del periodo Edo. Altra conseguenza: shogun e daimyō conoscevano e gustavano esclusivamente sushi vecchio stile, fermentato.

Il fenomeno non riguardò la gente comune, che applicò la propria pragmaticità alla semplificazione dei processi produttivi, in modo da portare il sushi in tavola con una tempistica più snella.

La cultura del nigirizushi, colorata ed elegante, che segue l’alternarsi delle stagioni, non è dunque quella di shogun e daimyō, e neanche della corte imperiale di Kyoto; è piuttosto una creazione originale dei ceti popolari della società giapponese. L’avvento del nigirizushi portò alla popolarità i banchi di sushi, dove la gente poteva consumare pasti preconfezionati in piedi. Contemporaneamente comparvero ristorante costosi, fuori dalla portata dei ceti meno abbienti. Tuttavia, invece di essere guardati di traverso, tali lussuosi esercizi vennero ritenuti fonte di ispirazione.

III. Il sushi oggi 

Nel Giappone d’oggi, il sushi rappresenta senz’altro un piatto quotidiano, grazie alla vendita diffusa nei supermercati e nei ristoranti, ma anche grazie alla popolarità di cui gode la versione kaiten, su nastro trasportatore. Il nigiri è il protagonista di entrambi i fenomeni, altre caratteristiche il prezzo basso pur tenendo alta la qualità.

Il primo ristorante di kaiten sushi viene aperto a Osaka nei tardi anni cinquanta. L’idea di servire nigiri-zushi su piattini trasportati in tondo da un nastro nel ristorante era divertente e l’uso di piatti di diverso colore/motivo a seconda del prezzo dava al cliente il polso del conto a seguire. I ristoranti divennero superpopolari e l’EXPO di Osaka del 1970 fece da vetrina al kaiten, che poté essere ammirato dalla platea mondiale. L’immagine del nigirizushi come cibo di lusso venne rivoluzionata dal concetto di kaiten, così che il sushi si fece una scelta sempre più perseguita dalle famiglie a pranzo o cena fuori.

Una mostra che stimolerà le vostre papille gustative, stuzzicando la vostra voglia di sushi.

Informazioni utili

I LOVE SUSHI | Una grande storia d’amore

Dal 15 settembre al 25 novembre

Ingresso libero – Orari di visita: da lunedì a venerdì 9.00-12.30/13.30-17.00

Istituto Giapponese di Cultura

Via Antonio Gramsci 74, Roma

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