Anche quest’anno il Giappone ha fatto incursione nell’estate romana e anche quest’anno si è trattato di un grandissimo successo, oltre che di un’occasione per respirare un po’ l’atmosfera dei matsuri estivi in Giappone. La nostra estate giapponese si è aperta all’Auditorium, con due serate dedicate alla musica giapponese. La prima sera ha suonato la bizzarra Shibusa Shirazu Orchestra, un collettivo jazz composto da musicisti, danzatori e artisti che hanno animato il palco con vivacità e umorismo, mischiando vari generi musicali. Diciamo che la sensazione generale è stata di caos assoluto, ma fondamentalmente si è trattato di uno spettacolo molto divertente e coinvolgente.
Toni completamente diversi, invece la seconda sera, con il duo Aki&Kuniko, una contrapposizione di chitarra e koto, un incontro tra culture e sonorità diverse, occidente e oriente.
Mercoledì e giovedì sera invece è stata la volta dell’Isola del Giappone, giunta ormai alla sua quinta edizione e che incontra sempre un grandissimo successo di pubblico. Dedicata come al solito al cinema giapponese, l’iniziativa è anche l’occasione per trascorrere una o due serate all’insegna del Giappone e della sua cucina (quest’anno sushi e i meravigliosi Fujinomiya yakisoba, gli yakisoba del monte Fuji), danze e canti tradizionali. Quest’anno è stata data molto attenzione alle arti marziali, nello specifico al Kendo e al Kyudo (tiro con l’arco), permettendo al pubblico di scoprire queste arti marziali poco diffuse e conosciute in Italia, soprattutto l’arte del tiro con l’arco.
Ovviamente, il fulcro delle due serate è stato il cinema.
La prima sera è stato proiettato in anteprima mondiale, con la presentazione del regista Akira Inori, Onnatachi no miyako (Il sogno delle donne di Amakusa – Nuova vita alla città delle geisha).
Una commedia leggera e divertente, popolata da personaggi sopra le righe, che ha per protagoniste quattro donne determinate a riportare agli antichi fasti la cittadina di Amakusa, nella prefettura di Kumamoto nel Kyushu, che sta affrontando una fase di declino e crisi. I giovani man mano se ne vanno nelle grandi città, dove trovano le opportunità che non trovano nel loro paese, che è sempre più abbandonato a se stesso. Gli uomini non fanno nulla per cercare di rimediare allo stato di cose, le uniche soluzioni che trovano sono lamentarsi davanti a un bicchierino di sake. Allora intervono le donne che per tentare di convincere i giovani a tornare e a mettere su famiglia ad Amakusa, decidono di creare nuove opportunità e di far tornare in auge il quartiere delle geisha e una vecchia casa da geisha che trasformeranno in un ristorante di successo. Ognuna di loro si troverà ad affrontare piccole e grandi crisi familiari, e soprattutto si troveranno a fare i conti con l’odiosa burocrazia e l’ottusità dei funzionari comunali.
Voto: ***1/2 Storia divertente e leggera, nel tipico non-sense giapponese.
Giovedì 25 luglio invece è stata la volta di Yokomichi Yonosuke (La storia di Yonosuke), film del 2013 di Shuichi Okita, presentato al Far East Film Festival di Udine. Purtroppo non sono potuta andare alla seconda serata, e quanto pare mi sono persa un film veramente bello (a detta di tutti), qui vi riassumo brevemente la storia, basata sul romanzo omonimo di Shuichi Yoshida:
Siamo nel 1987 e il Giappone sta vivendo l’apice del suo boom economico. Il giovane Yonosuke, 18 anni, originario di Nagasaki, si trasferisce a Tokyo per frequentare il primo anno di università, dove si confronta con una realtà completamente diversa dalla sua e con compagni ben più emancipati di lui. In parallelo con il racconto del primo anno di università di Yonosuke, vengono mostrati amici e conoscenti del ragazzo, sedici anni più tardi, nel 2003. Dalle scene manca Yonosuke, a detta degli amici diventato un cameraman. (Sinossi tratta da qui)
Con questo è tutto, alla prossima estate giapponese! 😉